Ferdinando Scianna : La fotografia, le nuove frontiere… intervista di Fabio Cappellini e Carlo Chiavacci

La prima Battuta che ho scambiato con Ferdinando Scianna  qualche settimana prima di questa intervista,  è stata la seguente:
“Maestro lei mi ha fatto innamorare della fotografia”
“Bisogna vedere se la fotografia Ricambia”.

Se non avevo chiaro il carattere di Ferdinando Scianna dopo quel primo approccio questo si è svelato in modo esaustivo.
Scianna è un uomo colto, ironico, attento e arguto, una miniera di aneddoti, di notizie e appunti su fotografi e fotografia, ma anche sul contesto culturale in cui si è evoluta di volta in volta.
La fotografia di Scianna offre percezioni stratificate, soddisfa ogni occhio: da quello dell’esteta, a quello dell’artista, dallo sguardo critico e snob di certi intellettuali sempra in cerca di significati nascosti, a chi osserva con disincanto il mondo e le sue offerte.

La credenza di Sciascia  Foto di Ferdinando Scianna Magnum Photos

La credenza di Sciascia
Foto di Ferdinando Scianna Magnum Photos

Ma Scianna non è solo capace di questa sintesi sublime che si compie con un click, è un letterato di grande spessore.
Il suo mentore fu Leonardo Sciascia, che fornì i suoi testi ai primi tre libri di Scianna.
Non è un caso che gli ultimi libri del fotografo siciliano, pur senza prescindere dalle immagini, sono anche appassionanti racconti di vita.
Uno in Particolare, “Ti mangio con gli occhi” uscito per Contrasto nel 2013, ha una poetica che dall’immagine arriva al testo e viceversa con una continuità fluida e sorprendente, un libro pieno di citazioni culturali, rimandi ad artisti e a gusti, a tradizioni e passioni…  Chi scrive di cultura Italiana del cibo, dovrebbe verificare attraverso quelle pagine la veridicità di quell’assunto.

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Gianni Berengo Gardin

All’incontro con Scianna mi sono fatto accompagnare da Carlo Chiavacci, curatore dell’archivio di suo padre Giafranco, che era un artista  attivo a Pistoia a partire dagli anni 60 del novecento.
Carlo è sicuramente tra le persone che conosco, uno dei massimi esperti delle meccaniche commerciali che ruotano intorno alla fotografia; fondamentalmente perchè l’ha praticata professionalmente, poi perchè come curatore di un artista che ha un mercato in ambito collezionistico, ha suo malgrado dovuto anche scontrarsi con realtà ostiche e dalle meccaniche spesso poco trasparenti.

All’inizio dell’intervista ho ricordato al Maestro Scianna la battuta con cui ci siamo conosciuti e ridendo abbiamo cominciato a parlare di fotografia.

Fabio: -Come le ho già detto , se arrivai a decidere di comprarmi un ingranditore IFF usato dotato di una bellissima ottica Galileo la colpa fu di uno dei libri della collana “I grandi Fotografi”, a lei dedicato, si parla dei primissimi anni 80…
Carlo: è proprio cosi’ io ho fatto 20 anni di fotografia chimica, per poi vederla uscire di scena…

Scianna: ditelo a me… io ho fotografato 45 anni con pellicole, e solo dall’anno scorso ho smesso completamente di usarle, ma perchè è diventato macchinoso, non si trovano più i materiali, prima c’erano grandi varietà di carte e pian piano con l’avvento dei laboratori industriali e dei mini lab hanno cominciato a sparire la maggior parte delle tipologie di materiali per camera oscura.
Citando il mio amico Berengo Gardin ( presente tra l’altro all’inaugurazione della mostra “Abitanti” curata da Scianna nell’ambito dei Dialoghi sull’uomo di Pistoia N.D.A.) “tu puoi salire le scale e trovarti benissimo nel farlo, ma se poi mettono l’ascensore , lo usi”, stessa cosa è successa per me in fotografia, l’ascensore in questo caso è il digitale…”
“La storia dell’ascensore di Berengo Gardin è nata dal fatto che lui è stato per un po’ in lite con sua moglie, che lo aveva confinato al settimo piano della casa dove abitano, di fatto l’ascensore arrivava al sesto dove abitava la moglie, ma non gli era permesso passare da li e quindi per salire al settimo piano doveva utilizzare una scala di servizio.
Al quinto piano aveva incollato un articolo del corriere della sera che diceva: “Salire le scale fa bene alla salute” e così si faceva coraggio”

Ferdinando Scianna

Ferdinando Scianna

Fabio: Come ha fatto lei ad adattarsi al digitale, dopo aver contribuito a dare alla fotografia in bianco e nero, oltre che una profondità di contenuti anche una sua rigorosa forma tecnica?

Scianna: Sono nato come fotografo alla fine degli anni 50 facendo i conti con le scarse disponibilità di denaro, specialmente in Sicilia dove sono nato la cosa era seria.
Ero supportato da riviste di fotografia che non parlavano di immagini, ma parlavano di brodini, di sviluppi e ricette per miscelarseli in casa, Poi si dice che eravamo molto poveri e molto felici, compravamo le pellicole da gente che faceva documentari e che ci vendeva bobine di pellicole 35 mm che noi tagliavamo e mettevamo nei rullini vuoti… solo dopo 30 anni ho scoperto che quelle pellicole non erano numerate e che per archiviare i negativi questa cosa costituiva un problema. Era, la fotografia chimica, una tecnica che aveva le sue regole e che comunque è rimasta immutata per 150 anni. L’iposolfito di sodio era stato suggerito a Fox Talbot e  se ancora qualcuno sviluppa il bianco e nero chimicamente, ancora deve usare l’iposolfito, una tecnica praticamente rimasta immobile. C’erano progressi lentissimi sui materiali che hanno portato pian piano a grandi qualità ma la tecnica restava quella.
Ad un certo punto quelle cose tu le impari fino al punto di scordartele, come succede con la guida dell’automobile, la vera interiorizzazione della tecnica passa da questo stadio, e quando alla soglia della vecchiaia ti si rimescolano le carte in tavola, nel giro di dieci anni , ti trovi disorientato: La prima reazione che abbiamo avuto tutti è: “si però, insomma, non sarà mai la stessa cosa”, ma poi ci si adatta e si apprezzano le comodità che questa nuova tecnica comporta.
Io spesso sfotto Gianni (Berengo Gardin) che non è mai voluto passare al digitale “anch’io se fossi vecchio come te difenderei quel vecchiume li”…
Per cui io non ho mai smesso di interessarmi a questa cosa, ho continuato a provare e all’inizio continuavo a preferire la pellicola, ma poi ad un certo punto ho cominciato a dire: “ma non è poi tanto male”, e ho continuato a sperimentare finchè non mi sono trovato a dire: “non solo non e’ male, è meglio”.
C’è una cosa che si deve dire; ancora oggi si possono legittimamente fare  discussioni sulla qualità tra digitale e analogico, ma per me che ho sempre privilegiato i toni bassi delle immagini, lo strumento digitale mi permette di fare fotografie che con le tecniche analogico-chimiche, non avrei mai potuto realizzare. Non era possibile, non ci arrivavi tecnicamente parlando.
Quando ho fatto le prime foto, sulle feste religiose in sicilia era uscita una pellicola, Agfa recording, che dichiaravano per 400 asa ma che si poteva tirare fino a 800. Tirare vuol dire usare i “brodini di sviluppo” a temperature più calde, variare i tempi di esposizione dell’ingranditore eccetera eccetera e io mi ricordo che  ho fotografato una processione notturna a Enna, e c’era già cattivo tempo, poi era buio, non si vedeva niente, ancora io usavo un esposimetro a mano, perchè non c’erano le macchine con l’esposimetro incorporato, quindi esponevo a occhio per 1600, 3200 asa, e sviluppavo a temperature caldissime,  producendo immagini con una grana enorme, quella cosa poi è piaciuta ed e’ diventata quasi un marchio di fabbrica…
Quindi le possibilità tecniche del digitale sono molto più ampie, inoltre c’e’ da dire che le macchine digitali sono arrivate molto più tardi rispetto all’avvento del computer, e le foto hanno cominciato a passare per il computer.

Io ho sempre avuto poco amore per il colore, perchè il colore era falsissimo… Se date un occhiata alle foto degli anni 70 e 80 vedrete dei colori super saturati, innaturali, pensate alle Fuji Velvia o alle kodachrome, pellicole a bassa sensibilità ipersature.
Anche adesso i colori non sono reali, perchè li decide una tecnologia, quella digitale appunto, ma prima tra i fabbricanti c’era la corsa a chi creava pellicole con i colori più saturi. Ma il mondo non è mica pieno di colori ipersaturi, e quindi a me il colore non mi piaceva perchè mi sembrava una presa in giro. Ma Il computer ha permesso di recuperare i cieli che volevi tu, e adesso ho cominciato ad utilizzare nei miei libri anche immagini a colori.
prima si viaggiava con due macchine, una per le pellicole a colori e l’altra per quelle in bianco e nero. All’epoca cercavo una buona pellicola a colori che si potesse stampare  anche in bianco e nero con buoni risultati, ma non c’era.
Adesso scatti e decidi in post produzione se vuoi un bianco e nero o un immagine a colori.
Io cerco di guardare sempre in bianco e nero, ma ho la possibilità di scegliere il colore, se il risultato e la destinazione dell’immagine lo consente.
Tante volte quando sono a fare serate dedicate alla fotografia mi arriva uno che mi chiede: “Ma lei come si trova con il digitale?”
Sono domande che non andrebbero più fatte, ormai sono vent’anni che esiste il digitale, e adesso è quella, la fotografia.
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Scianna e Berengo Gardin
Foto Cappellini
Fabio: Inoltre il digitale ha contribuito notevolmente alla democraticizzazione della fotografia, e attraverso il web ciscuno ha la possibilità di far vedere quanto vale, se vale…

Scianna: Non bisogna confondere il digitale con il web, però è vero, le due cose sono connesse

Fabio: Ma non è forse questa la vera rivoluzione? La possibilità di ciascuno di avere dopo pochi mesi dall’acquisto di una macchina fotografica, la possibilità teorica di poter mettere le sue immagini in mostra su canali paralleli a quelli usati dai grandi maestri come lei?

Scianna: La democratizzazione è stato un problema per quelli che dalla sua mancanza avevano privilegi.
Per cui quando alle macchine venne incorporato l’esposimetro, questi cominciarono a dire: “A beh adesso è facile far le foto”. Poi a me e Berengo Gardin , che abbiamo età e difetti di vista conseguenti, ad esempio, l’autofocus è sembrata una grande rivoluzione. Griffith diceva: “Se vogliono le foto messe a fuoco manualmente e  con l’esposizione stabilità da me , devono pagarmele di più”.

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Ferdinando Scianna Foto di Fabio Cappellini

Carlo Chiavacci: Il fatto che una certa Fotografia sia approdata all’arte è sintomo della fine di un ruolo che ha avuto, ..  Pensa che la fotografia sia irrimediabilmente approdata all’arte, oppure è un fattore temporaneo, un periodo che quando si chiuderà ciascuno tornerà ai propri ruoli , Magari arricchendoli di questo matrimonio combinato?

Scianna: Le cose cambiano continuamente, ma non è che gli uomini cambiano con la stessa velocità con cui cambiano le cose…
Anche perchè poi i ritmi di cambiamento negli ultimi 50 anni sono stati incontrollabili: prima le idee , poi le cose,,, noi ci dimentichiamo spesso che fino a sessant’anni fa non c’era l’aereo come mezzo di trasporto. C’era la radio, ma non la televisione, non c’era internet, non c’erano tutti questi telefoni che praticamente ci collegano tra di noi sempre e in qualunque luogo ci si trovi. Il mondo è cambiato in modo così vertiginoso  che si e’ portati a pensare sia cambiata anche la natura dell’uomo. Non sono sicuro che un filosofo di adesso pensi meglio di Platone.
Pensa in modo diverso , perchè deve affrontare problemi nuovi, ma che poi, in fondo, sono sempre gli stessi.
C’è una risposta straordinaria di Bufalino , a proposito dei tempi in cui ci fu la grande ondata della letteratura impegnata, per cui bisognava assolutamente scrivere della rivoluzione, perchè quello era lo scopo dell’uomo negli anni 40.
Bufalino disse; ” è un vero guaio, perchè se non scriviamo più di quello dovremo ritornare a scrivere di temi secondari come la vita, la morte, l’amore….”.

Questo vale per tutte le cose, non credo che si tornerà indietro, la storia della fotografia è una storia secondaria , che ha accompagnato l’uomo per 180 anni, gli uomini hanno vissuto benissimo senza la fotografia per decine di migliaia di anni, Penso che possiamo vivere senza la fotografia per qualche altro millennio…
Carlo: …La tendenza è quella di costringere il ruolo del fotografo in funzione di artista…

Scianna: Vero, se non c’e’ più un mercato per la rappresentazione della realtà , allora quale altro mercato si apre ? La fotografia a quel punto deve aspirare ad essere appesa ad un muro. Se tu chiami Arte la fotografia alzi il prezzo, Ma a forza di metterla al muro, un giorno o l’altro la fucileranno, la fotografia…

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Fabio Cappellini e Ferdinando Scianna