A ferro e fuoco: quando una definizione può nuocere alla Storia

Torno a parlare dello storico Enzo Traverso, dopo lo scorso articolo in cui ho voluto soffermarmi sul concetto di barbarie civile, sebbene stavolta il contesto sia diverso.

Credo non ci sia modo migliore per introdurre ciò che voglio spiegare con una massima sul libro che riassume, in modo arrogante, la mia idea complessiva: ‘Quando un libro è scritto bene possiamo anche non essere d’accordo con le idee dell’autore, fatto sta che il dibatterle risulterà piacevole’.
Il tema è contenuto nel libro già citato: A ferro e fuoco, la guerra civile europea. Lo storico, analizzando il trentennio di guerra civile europea (1914-1945), individua nella Rivoluzione francese e nelle Guerre dei trent’anni gli antecedenti del fenomeno contemporaneo.

La storia non sopravvive mai troppo a lungo ad una critica diacronica: in due pagine il professore passa da un paragone ad una definizione, un processo che (a mio avviso, perché qui sta il tema di questa discussione che io immagino con Traverso) annulla il contesto storico. Consideriamo i due eventi quali la guerra (o guerre) dei trent’anni e la guerra civile europea: in relazione ad essi, la prima fonte a disposizione dello scrittore è Friedrich Engels. Il teorico politico annuncia, in un certo senso profeticamente, che le devastazioni delle guerre del XVII secolo andranno a ripetersi in un arco temporale più ristretto; in questo caso il riferimento non altera il contesto, anzi, ne risulta un arricchimento, poiché si considerano implicitamente i mezzi della progredita tecnica della macchina da guerra europea, sospinta (ancor più implicitamente) dai mezzi del capitale.

Questo riassunto vuole intendere che una lettura diacronica è accettabili nel limite del confronto. La definizione che segue premesse simili alla citazione di Engels, cui seguono Moltke, Rosemberg e Churchill, è però emblematica da parte di uno storico:

Le analogie tra le guerre europee del seicento e quelle del novecento sono in effetti incontestabili. Si tratta in entrambi i casi di “Guerre totali”.

Milizia del Volkssturmm tedesco in parata: la teoria della guerra totale prende corpo dopo gli annunci della propaganda.

Spiegare qui cosa si intenda per guerra totale è impossibile, lo stesso libro di Traverso ne affronta un singolo aspetto (il conflitto civile, appunto). La sententia dello storico è paradossalmente antistorica, perché evade le distinzioni fondamentali; occorre capire cosa sia una guerra radicale, in cui tutti gli aspetti della vita pubblica siano coinvolti, compresa la cultura, il sentimento, la pulsione delle ideologie.

Il più vicino a definire questo concetto non è nemmeno il suo miglior teorico (Carl von Clausewitz – Vom Kriege 1832), quanto il ministro per la propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels: doveva esserne particolarmente conscio quando il 18 Febbraio 1943 la annunciava al palasport di Berlino davanti ad una folla esultante, mentre si copriva il suono della sirena antiaerea cittadina con l’inno tedesco.

Noodles

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