Settant’anni dalla Liberazione, cento dalla nostra Grande guerra ed altrettanti dal genocidio (ieri la ricorrenza ufficiale) del popolo armeno. Ed è proprio con gli artefici del primo massacro etnico del ‘900 che ha a che fare questa ricorrenza.
Il 25 Aprile in Australia, in Nuova Zelanda, in tutta l’Oceania (perché alcuni provenivano dagli angoli più remoti dell’Impero Britannico) si celebra l’ANZAC Day. In questo giorno, cento anni fa, aveva inizio una delle operazioni più sanguinose della storia del secolo e, forse, una delle più inutili. Le truppe dell’ANZAC (Australia and New Zealand Army Corps) erano riunite in tre divisioni su cinque iniziali del corpo di spedizione dell’Intesa. L’obbiettivo complessivo dell’operazione: aprire la strada attraverso la penisola di Gallipoli, costituire una testa di ponte e offrire un fronte aggiuntivo su cui impegnare le forze ottomane, distogliendo materiali e uomini dal fronte russo (nel complesso, più di 15 divisioni turche saranno infine impegnate sul fronte aperto dai britannici).
Il primo ostacolo che si presentava per il buon esito dell’operazione fu il concetto stesso della battaglia: ciò che era stato fortemente chiesto dalla Russia (per alleggerire la pressione sul fronte in Caucaso) e proposto dal ministro della guerra inglese lord Horatio Kitchener e dal primo lord dell’Ammiragliato Winston Churchill era niente meno che il primo sbarco anfibio dell’età contemporanea, destinato a diventare un esempio negativo per i successivi: lo stesso concetto di limitare l’area di sbarco ad una penisola, con scarsa libertà di manovra per le unità navali e anche terrestri, richiedeva numerosi sforzi logistici e tattici che i comandanti delle forze del Commonwealth britannico non erano in grado di sostenere. La ripercussione sui soldati di questa impreparazione generale dei comandi non si fece attendere: di un contingente di quasi 500.000 soldati dell’Intesa, tra cui anche numerosi soldati francesi, riuniti in 15 divisioni al termine della battaglia (numeri quasi equivalenti a quelli turchi) morirono in più di 250.000.
Altre, molto gravi conseguenze, si ebbero sul piano delle condizioni sanitarie: le condizioni del combattimento in trincea erano aggravate dalla mancanza di una linea di rifornimento stabile, poiché sul mare la flotta ottomana riuscì a costituire blocchi di mine e a interferire a pari con la Royal Navy.
L’operazione andrà avanti senza nessuna svolta significativa fino al Gennaio 1916, secondo un concetto di guerra di stazionamento logorante e di scarso senso strategico e tattico.
Le ripercussioni a livello politico videro affacciarsi due figure di futuro rango internazionale: con una crisi interna al parlamento britannico scatenata dai continui insuccessi nei Dardanelli e in Medio Oriente, il governo liberale cadde e si formò una coalizione in cui entrarono i Conservatori, salvo Churchill che fu estromesso da ogni incarico. Ritornerà.
Dalla parte opposta, Mustafa Kemal fu il generale vittorioso dell’ormai decadente Impero Ottomano. Diverrà poi primo ministro e presidente della Turchia del dopoguerra; ancora oggi è ricordato come Atatürk (padre dei turchi), nome conferitogli ufficialmente per decreto e riportato anche sulla Costituzione repubblicana.
Noodles